1948
Placido Rizzotto
Biografia
Nacque a Corleone da Giovanna Moschitta e Carmelo Rizzotto. Primo di sette figli, perse la madre quando era ancora bambino. In seguito all'arresto del padre, con l'accusa di far parte di un'associazione mafiosa, fu costretto ad abbandonare la scuola per occuparsi della famiglia. Durante la seconda guerra mondiale prestò servizio nel Regio Esercito sui monti della Carnia, in Friuli Venezia Giulia, con il grado di caporale prima, di caporal maggiore poi e infine di sergente. Dopo l'armistizio dell'8 settembre si unì ai partigiani delle Brigate Garibaldi come socialista.
Rientrato a Corleone al termine della guerra, iniziò la sua attività politica e sindacale.
Ricoprì l'incarico di Presidente dei reduci e combattenti dell'ANPI di Palermo e quello di segretario della Camera del lavoro di Corleone. Fu esponente di spicco del Partito Socialista Italiano e della CGIL. Venne rapito nella serata del 10 marzo 1948, mentre andava da alcuni compagni di partito, e ucciso dalla mafia per il suo impegno a favore del movimento contadino per l'occupazione delle terre. Mentre veniva assassinato, il pastorello Giuseppe Letizia assistette al suo omicidio di nascosto e vide in faccia gli assassini e per questo venne ucciso con un'iniezione letale fattagli dal boss e dottore Michele Navarra, il mandante del delitto di Placido Rizzotto.[1]
Ricoprì l'incarico di Presidente dei reduci e combattenti dell'ANPI di Palermo e quello di segretario della Camera del lavoro di Corleone. Fu esponente di spicco del Partito Socialista Italiano e della CGIL. Venne rapito nella serata del 10 marzo 1948, mentre andava da alcuni compagni di partito, e ucciso dalla mafia per il suo impegno a favore del movimento contadino per l'occupazione delle terre. Mentre veniva assassinato, il pastorello Giuseppe Letizia assistette al suo omicidio di nascosto e vide in faccia gli assassini e per questo venne ucciso con un'iniezione letale fattagli dal boss e dottore Michele Navarra, il mandante del delitto di Placido Rizzotto.[1]
Le indagini sull'omicidio furono condotte dall'allora capitano dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. Sulla base degli elementi raccolti dagli inquirenti, vennero arrestati Vincenzo Collura ePasquale Criscione che ammisero di aver preso parte al rapimento di Rizzotto in concorso con Luciano Liggio. Grazie alla testimonianza di Collura fu possibile ritrovare alcune tracce del sindacalista ma non il corpo, che era stato gettato da Liggio nelle foibe di Rocca Busambra, nei pressi di Corleone. Criscione e Collura, insieme a Liggio che rimase latitante fino al 1964, furonoassolti per insufficienza di prove, dopo aver ritrattato la loro confessione in sede processuale [1][2].
Il 9 marzo 2012 l'esame del DNA, comparato con quello estratto dal padre Carmelo Rizzotto, morto da tempo e riesumato per questo scopo, ha confermato che i resti trovati il 7 settembre 2009presso le foibe di Rocca Busambra a Corleone appartengono a Placido.[1][2].
Il 16 marzo 2012 il Consiglio dei Ministri ha deciso i Funerali di Stato per Placido Rizzotto, [3]svolti a Corleone il 24 maggio 2012 alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.[4][5]
La cooperativa siciliana Libera Terra produce e commercializza due vini denominati Placido Rizzotto Bianco e Placido Rizzotto Rosso provenienti da vigne confiscate alla mafia.
1956
Maggio
La DC vince le elezioni comunali a Palermo.
Entrano in gioco Salvo Lima (Vicesindaco di Palermo dal 1956 al 1958) e Vito Ciancimino.
Passaggio dalla mafia agraria alla mafia del cemento.
Vito Alfio Ciancimino (Corleone, 2 aprile 1924 – Roma, 19 novembre 2002) è stato un politico e criminale italiano, appartenente allaDemocrazia Cristiana, membro di Cosa Nostra e, secondo documenti resi pubblici dal figlio Massimo, affiliato di Gladio.
1957
16 OTTOBRE
Summit mafioso al Grand Hotel delle PALME di Palermo tra mafia siciliana e mafia Newyorkese per la spartizione dei traffici di droga.
Joseph Bonanno, Lucky Luciano, John Bonventre, Frank Garofalo, Santo Sorge e Carmine Galante erano fra i mafiosi americani presenti mentre fra i siciliani erano presenti, oltre ai cugini Greco, Giuseppe Genco Russo, Angelo La Barbera, Gaetano Badalamenti, Calcedonio Di Pisa e Tommaso Buscetta.
Uno dei risultati di questa riunione fu la costituzione della commissione della mafia, a capo della quale venne eletto "Ciaschiteddu" Greco.
16 OTTOBRE
Summit mafioso al Grand Hotel delle PALME di Palermo tra mafia siciliana e mafia Newyorkese per la spartizione dei traffici di droga.
Joseph Bonanno, Lucky Luciano, John Bonventre, Frank Garofalo, Santo Sorge e Carmine Galante erano fra i mafiosi americani presenti mentre fra i siciliani erano presenti, oltre ai cugini Greco, Giuseppe Genco Russo, Angelo La Barbera, Gaetano Badalamenti, Calcedonio Di Pisa e Tommaso Buscetta.
Uno dei risultati di questa riunione fu la costituzione della commissione della mafia, a capo della quale venne eletto "Ciaschiteddu" Greco.
1959
Vito Ciancimino, assessore comunale ai lavori pubblici dal1959 al 1964, legato a Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Salvo Lima, sindaco dal 1959 al 1964, vicino alla mafia di Stefano Bontade.
1960
Sta per scoppiare la guerra di mafia a Palermo.
1962
Muore Lucky Luciano a Napoli
Scoppia la prima guerra di mafia.Omicidio del trafficante Calcedonio Di Pisa, alleato Greco.
ENRICO MATTEI
1964
Arrestato a Corleone Luciano Liggio

Luciano Leggio, meglio conosciuto come Liggio dall'errore di trascrizione di un brigadiere , detto Lucianeddu (Corleone, 6 gennaio 1925 – Nuoro, 15 novembre 1993), è stato un criminale italiano, legato alla mafia e detto anche "La primula rossa di Corleone"
“Fu portato a fondo Patti, in una proprietà dei Madonia. C’era Totò Riina ad attenderlo. Il giornalista fu subito soppresso e gettato in un pozzo”.
A parlare con i magistrati di Palermo Sergio Demontis e Antonio Ingroia è Rosario Naimo, “l’ater ego di Riina in America” come l’hanno sempre chiamato gli altri pentiti.
1971
5 maggio
Pietro Scaglione
Il Procuratore capo della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione, che ha segnato l'inizio del martirologio nella magistratura italiana, fu ucciso, con Antonio Lorusso,agente di custodia, alle ore 10.55 del 5 maggio del 1971 in via Cipressi a Palermo, nel corso di un agguato mafioso, dopo la consueta visita nel cimitero dei Cappuccini, dove era sepolta la moglie.
1977
PEPPINO IMPASTATO
1958
FEBBRAIO
MAGGIO
Sindaco Salvo Lima
Assessore alle municipalizzate: V. Cianciino
Nasce la Commissione Provinciale.della mafia palermitana.Guida una cinquantina di famiglie nel palermitano.
MAGGIO
Sindaco Salvo Lima
Assessore alle municipalizzate: V. Cianciino
1959
- Approvato il piano regolatore del Comune di Palermo
Vito Ciancimino, assessore comunale ai lavori pubblici dal1959 al 1964, legato a Totò Riina e Bernardo Provenzano.
| Totò Riina |
Salvo Lima, sindaco dal 1959 al 1964, vicino alla mafia di Stefano Bontade.
| STEFANO BONTADE |
1960
Sta per scoppiare la guerra di mafia a Palermo.
1962
Muore Lucky Luciano a Napoli
| Lacky Luciano |
Scoppia la prima guerra di mafia.Omicidio del trafficante Calcedonio Di Pisa, alleato Greco.
Salvatore "Ciaschiteddu" Greco
Salvatore Greco, detto "Ciaschiteddu" (Palermo, 13 gennaio 1923 – Caracas, 7 marzo 1978), è stato un criminale italiano, boss della famiglia mafiosa di Ciaculli. Il suo soprannome "Ciaschiteddu" significa "piccolo fiasco" in siciliano.
"Ciaschiteddu" Greco fu il primo capo della "commissione" della mafia costituita nel 1958. Egli venne eletto a capo della commissione perché capo di una delle famiglie più importanti della mafia siciliana sin dal XIX secolo e perché sopravvissuto alla faida svoltasi a Palermo fra il 1946 ed il 1947 fra la sua famiglia e quella della frazione campagnola di Croceverde-Giardina.
La pace fra le due famiglie rivali fu raggiunta concedendo i diritti sulle proprietà dei Giardini a Salvatore "Ciaschiteddu" Greco e a suo cugino Salvatore Greco, anche noto come "l'ingegnere" o "Totò il lungo". Benché discendessero dalla vecchia mafia rurale, i cugini Greco, impararono presto ad approfittare del boom economico del secondo dopoguerra e si introdussero nel contrabbando di sigarette ed il traffico di droga.
| Salvatore Greco |
A capo della commissione della mafia
"Ciaschiteddu" Greco era presente alla riunione fra la mafia siciliana e quella americana tenutasi fra il 12 ed il 16 ottobre 1957 presso l'Hotel delle Palme di Palermo. Joseph Bonanno, Lucky Luciano, John Bonventre, Frank Garofalo, Santo Sorge e Carmine Galante erano fra i mafiosi americani presenti mentre fra i siciliani erano presenti, oltre ai cugini Greco, Giuseppe Genco Russo, Angelo La Barbera, Gaetano Badalamenti, Calcedonio Di Pisa e Tommaso Buscetta.
Uno dei risultati di questa riunione fu la costituzione della commissione della mafia, a capo della quale venne eletto "Ciaschiteddu" Greco.
Secondo il pentito Tommaso Buscetta, "Ciaschiteddu" Greco fu coinvolto nell'omicidio di Enrico Mattei, il controverso presidente dell'ENI che morì in un misterioso incidente aereo il 27 ottobre 1962. Egli fu probabilmente coinvolto anche nella decisione di uccidere il giornalista Mauro De Mauro che scomparve il 16 settembre 1970 mentre investigava sulla morte di Mattei su richiesta del regista cinematografico Francesco Rosi (il film Il caso Mattei fu realizzato nel 1972).
La prima guerra di mafia
"Ciaschiteddu" Greco fu uno dei protagonisti della sanguinosa guerra di mafia fra clan rivali a Palermo nei primi anni sessanta, per il controllo delle attività edilizie dovute al rapido sviluppo delle costruzioni urbane a Palermo, e del traffico illecito della droga con il nord America. Il conflitto ebbe inizio per un carico di eroina di peso inferiore a quello concordato e l'omicidio di Calcedonio Di Pisa, un alleato dei Greco, nel dicembre del 1962. I Greco sospettarono i fratelli Salvatore e Angelo La Barbera.
Il 30 giugno 1963, un'autobomba esplose vicino alla casa dei Greco a Ciaculli uccidendo 7 carabinieri accorsi per disinnescare la bomba dopo una telefonata anonima. L'indignazione per la Strage di Ciaculli, cambiò la guerra della mafia in una guerra dello stato contro la mafia. Furono approntati i primi provvedimenti antimafia da parte dello stato nel dopoguerra. La commissione venne dissolta ed i mafiosi che riuscirono ad evitare l'arresto fuggirono all'estero. “Ciaschiteddu” Greco ricoverò a Caracas in Venezuela.
In Venezuela
Mentre era in Venezuela Greco fece un'alleanza con la famiglia Gambino di New York e con la famiglia Cuntrera-Caruana di Siculiana per facilitare il traffico di droga.
Mentre risiedeva in Venezuela, "Ciaschiteddu" Greco rimase ancora una figura importante nella struttura di Cosa Nostra, per cui viaggiò spesso in Italia. Fu coinvolto nella decisione di restaurare la commissione nel 1970 e sembra abbia fatto parte del tentativo di colpo di stato di Junio Valerio Borghese per il fatto che Borghese promise l'amnistia per i membri della mafia in prigione. Cosa Nostra decise di non prender parte e l'attentato fallì l'8 dicembre 1970.
Nel gennaio 1978 "Ciaschiteddu" Greco tornò dal Venezuela alleandosi con Gaetano Badalamenti, Giuseppe Di Cristina e Salvatore Inzerillo per vendicarsi contro il crescente potere dei corleonesicapitanati da Totò Riina.
ENRICO MATTEI
Enrico Mattei (Acqualagna, 29 aprile 1906 – Bascapè, 27 ottobre 1962) è stato un imprenditore, politico e dirigente pubblico italiano.
Nell'immediato dopoguerra fu incaricato dallo Stato di smantellare l'Agip, creata nel 1926 dal regime fascista; ma invece di seguire le istruzioni del Governo, riorganizzò l'azienda fondando nel 1953 l'ENI, di cui l'Agip divenne la struttura portante. Mattei diede nuovo impulso alle perforazioni petrolifere nella Pianura Padana, avviò la costruzione di una rete di gasdotti per lo sfruttamento del metano, e aprì all'energia nucleare. Sotto la sua presidenza l'ENI negoziò rilevanti concessioni petrolifere in Medio Oriente e un importante accordo commerciale con l'Unione Sovietica grazie all'intermediazione di Luigi Longo, suo amico durante la guerra partigiana più tardi segretario delPartito Comunista Italiano. Iniziative che contribuirono a rompere l'oligopolio delle 'Sette sorelle', che allora dominavano l'industria petrolifera mondiale. Mattei introdusse inoltre il principio per il quale i Paesi proprietari delle riserve dovevano ricevere il 75% dei profitti derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti.[1] Pur non essendo attivamente impegnato in politica, era vicino alla sinistra democristiana e fu parlamentaredal 1948 al 1953.
Per la sua attività Mattei nel 1961 fu insignito della laurea in ingegneria ad honorem dalla Facoltà di Ingegneria (ora Politecnico) dell'Università degli Studi di Bari. Fu insignito anche di altre lauree honoris causa, della croce di cavaliere del lavoro e della Bronze Star Medal dell'Esercito statunitense (5 maggio 1945), nonché della Cittadinanza onoraria del comune di Cortemaggiore.
Morì nel 1962, in un misterioso incidente aereo le cui cause rimasero oscure per moltissimi anni. In seguito a nuove evidenze, nel 2005 fu stabilita la natura dolosa dell'incidente; vennero infatti ritrovati segni di esposizione a esplosione su parti del relitto, sull'anello e sull'orologio di Mattei.[2]
1964
Arrestato a Corleone Luciano Liggio
Luciano Leggio, meglio conosciuto come Liggio dall'errore di trascrizione di un brigadiere , detto Lucianeddu (Corleone, 6 gennaio 1925 – Nuoro, 15 novembre 1993), è stato un criminale italiano, legato alla mafia e detto anche "La primula rossa di Corleone"
Biografia
All'età di vent'anni, Luciano Leggio uccise un campiere che lavorava per il possidente Corrado Caruso e prese il suo posto. Venne affiliato alla cosca diMichele Navarra, capomafia di Corleone, da suo zio Leoluca Leggio, detto u zu' Luca.
Nel 1948, chiamato ormai da tutti con il cognome di Liggio, si macchiò dell'omicidio del sindacalista Placido Rizzotto, ucciso su ordine di Michele Navarra. Negli anni cinquanta, insieme ai compari Totò Riina, Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella, macellava clandestinamente la carne di bestiame rubato al feudo di Piano di Scala.
Dopo alcune divergenze con Navarra, contrario ad allargare gli interessi mafiosi oltre al bestiame e alle tematiche agricole, subì un attentato organizzato dallo stesso Navarra, che però fa
La vendetta su Navarra non si fece attendere: Liggio lo fece assassinare e divenne capo del clan dei corleonesi. Il 14 maggio 1964 venne arrestato a Corleone dai militari dell'Arma al comando del tenente colonnello Ignazio Milillo (era nascosto nella casa di Leoluchina Sorisi, la fidanzata di Placido Rizzotto, il sindacalista che lo stesso Liggio aveva ucciso sedici anni prima). Durante l'arresto fu trovato con un catetere e confessò ai carabinieri che lo trovarono di essere affetto dal morbo di Pott. Venne successivamente assolto per insufficienza di prove nel processo diCatanzaro nel 1968 ed in quello di Bari nel 1969.
Poco dopo Liggio guidò la sua famiglia all'assalto di Palermo dove, in aperto contrasto con le altre famiglie mafiose, conquistò i mercati illegali; infatti fece fortuna con l'abusivismo edilizio, grazie alla copertura istituzionale che gli assicurava il politico Vito Ciancimino.
Evasione e il nuovo arresto
Il 19 novembre 1969 riuscì a fuggire da una clinica di Roma dove era ricoverato, mezz'ora prima dell'arrivo dei carabinieri che avevano un mandato di arresto per lui.
Nel 1971, insieme a Riina, assassinò il procuratore Pietro Scaglione, che aveva tentato di far luce sulle sue attività. Dopo un lungo periodo di latitanza al nord, ed in particolare in Lombardia (dove si arricchì con i sequestri di persona[3], in società con Mico Tripodo, boss della 'Ndrangheta), venne arrestato una seconda volta dagli uomini della guardia di finanza del colonnello Giovanni Vissicchio il 16 maggio 1974 in una casa di via Ripamonti a Milano mentre era insieme alla sua ennesima compagna, Lucia Parenzan, e al figlio che era nato dalla loro relazione[3][2].
Venne processato dal giudice Cesare Terranova, e fu condannato all'ergastolo nel 1975 per l'assassinio del boss mafioso Michele Navarra[3].
Finì sotto processo per l'omicidio di Pietro Scaglione e del giudice Cesare Terranova, ucciso nel 1979, secondo gli inquirenti su ordine dello stesso Liggio.
Venne inoltre processato al maxiprocesso di Palermo del 1986-1987 e non tornò mai più in libertà, nonostante le richieste di essere spostato agli arresti domiciliari a causa delle sue condizioni fisiche[7][4].
Morì di infarto, nel carcere di Badu 'e Carros a Nuoro, nel 1993.
Venne sepolto a Corleone, dopo una cerimonia svolta senza coinvolgimento pubblico per divieto della questura.[8].
1970
16 settembre
Muore il giornalista MAURO DE MAURO.
Quarant’anni dopo, un pentito ha svelato dove fu ucciso e seppellito il giornalista de L’Ora Mauro De Mauro, rapito dai sicari di Cosa nostra la sera del 16 settembre 1970. 16 settembre
Muore il giornalista MAURO DE MAURO.
“Fu portato a fondo Patti, in una proprietà dei Madonia. C’era Totò Riina ad attenderlo. Il giornalista fu subito soppresso e gettato in un pozzo”.
A parlare con i magistrati di Palermo Sergio Demontis e Antonio Ingroia è Rosario Naimo, “l’ater ego di Riina in America” come l’hanno sempre chiamato gli altri pentiti.
1971
5 maggio
Pietro Scaglione
Il Procuratore capo della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione, che ha segnato l'inizio del martirologio nella magistratura italiana, fu ucciso, con Antonio Lorusso,agente di custodia, alle ore 10.55 del 5 maggio del 1971 in via Cipressi a Palermo, nel corso di un agguato mafioso, dopo la consueta visita nel cimitero dei Cappuccini, dove era sepolta la moglie.
1977
Giuseppe Russo (Cosenza, 6 gennaio 1928 – Ficuzza, 20 agosto 1977) è stato un ufficiale dei Carabinieri, insignito di Medaglia d'oro al valor civile alla memoria.
Colonnello[1] dei carabinieri, era tra gli uomini di fiducia di Carlo Alberto Dalla Chiesa ed era il comandante del Nucleo Investigativo di Palermo
Guidò la squadra partita da Palermo che svolse le indagini iniziali sulla Strage di Alcamo Marina
L'omicidio avvenne a Ficuzza, frazione di Corleone, dove il colonnello stava trascorrendo le vacanze, e stava passeggiando con l'insegnante Filippo Costa, pure lui ucciso insieme a Russo per non lasciare testimoni dell'omicidio.
Per il suo assassinio erano stati inizialmente condannati come mandante Rosario Cascio e come esecutori i pastori Rosario Mulè, Salvatore Bonello e Casimiro Russo, ma nel 1997 sono stati assolti. In verità, si seppe in seguito, i mandanti del delitto furono Totò Riina e Bernardo Provenzano[2], mentre il commando che assassinò il colonnello Russo era formato da Leoluca Bagarella, Pino Greco, Giovanni Brusca eVincenzo Puccio.
1978
Nasce a Cinisi il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato.
La famiglia Impastato è bene inserita negli ambienti mafiosi locali: si noti che una sorella di Luigi ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione di denaro. Frequenta il Liceo Classico di Partinico ed appartiene a quegli anni il suo avvicinamento alla politica, particolarmente al PSIUP, formazione politica nata dopo l'ingresso del PSI nei governi di centro-sinistra. Assieme ad altri giovani fonda un giornale, "L'Idea socialista" che, dopo alcuni numeri, sarà sequestrato: di particolare interesse un servizio di Peppino sulla "Marcia della protesta e della pace" organizzata da Danilo Dolci nel marzo del 1967: il rapporto con Danilo, sia pure episodico, lascia un notevole segno nella formazione politica di Peppino.
Nel 1975 organizza il Circolo "Musica e Cultura", un'associazione che promuove attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento por i giovani di Cinisi. All'interno del Circolo trovano particolare spazio ìl "Collettivo Femminista" e il "Collettivo Antinucleare". Il tentativo di superare la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra "rivoluzionaria" , verificatasi intorno al 1977 porta Giuseppe Impastato e il suo gruppo alla realizzazione di Radio Aut, un'emittente autofinanziata che indirizza i suoi sforzi e la sua scelta nel campo della controinformazione e soprattutto in quello della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale. Nel 1978 partecipa con una lista che ha il simbolo di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi. Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l'esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull'ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, i n subordine, di un suicidio "eclatante". Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”. Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo,
l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine
di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge
l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti
viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e
l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23
novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio
immediato. Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con
il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e
in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo
contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso
Impastato e il 6 Dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.
Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30
anni di reclusione. L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo.
Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti.
Il 7 dicembre 2004 è morta Felicia Bartolotta, madre di Peppino.
1979
MINO PECORELLICarmine Pecorelli, meglio conosciuto come Mino Pecorelli, (Sessano del Molise, 14 giugno 1928 – Roma, 20 marzo 1979), è stato un giornalista, avvocato e scrittore italiano, che nell'ambito del giornalismo si occupò d'indagine politica e sociale. Venne assassinato a Roma in circostanze ancora non del tutto chiarite. Fondò l'agenzia di stampa OP-Osservatore Politico (OP) che divenne poi anche una rivista. Nacque in un piccolo paese del Molise. Nel 1944, appena sedicenne, si arruolò nel contingente degli Alleati attivo nella zona, quello anticomunista comandato dal generale polacco Władysław A nders. Dopo la fine della guerra si diplomò a Roma; successivamente si trasferì a Palermo, dove si laureò in Giurisprudenza nella locale università. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta lavorò nella capitale come avvocato. Divenne un esperto di diritto fallimentare e fu nominato capo ufficio stampa del ministro Fiorentino Sullo, iniziando così ad entrare nell'ambiente del giornalismo.
Il delitto
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La sera del 20 marzo 1979 Mino Pecorelli fu assassinato da un sicario che gli esplose quattro colpi di pistola in via Orazio a Roma, poco lontano dalla redazione del giornale. I proiettili, calibro 7,65, trovati nel suo corpo sono molto particolari, della marca Gevelot, assai rari sul mercato (anche su quello clandestino), ma dello stesso tipo di quelli che sarebbero poi stati trovati nell'arsenale della banda della Magliana, rinvenuto nei sotterranei del Ministero della Sanità. L'indagine aperta all'indomani del delitto seguì diverse direzioni, coinvolgendo nomi come Massimo Carminati (esponente dei Nuclei Armati Rivoluzionari e della banda della Magliana), Antonio Viezzer, Cristiano e Valerio Fioravanti.
Tutti vennero prosciolti il 15 novembre 1991; successivamente, le ipotesi sul mandante e sul movente fiorirono a grappoli: da Licio Gelli e la mafia, fino ad arrivare ai petrolieri ed ai falsari di Giorgio De Chirico (Antonio Chichiarelli appartenente pure lui alla Banda della Magliana). La supposta relazione tra l'omicidio Moro e quello di Pecorelli, teoria che attualmente gode del maggior credito, emerse solo più tardi.